“La sospensione” di Matteo Musso


La sospensioneIncontro Matteo al caffè della Fnac, è un mio ex studente del Dams di Bologna, uno dei più brillanti, un tipo tranquillo, serio. Quando mi era arrivato il suo nome non avevo fatto l’associazione chissà perchè. Matteo ha prodotto e realizzato un piccolo documentario che ha sbancato il prestigioso concorso per documentari di “visioni italiane” a Bologna, uno dei festival che mostrano il clima e le tendenze, con tanto di partecipazione estera, che di solito al palmares ci lascia la polvere.
All’epoca in cui ci frequentavamo aveva scritto un bellissimo soggetto di cui non dico nulla, perché è una di quelle belle idee che da sole possono sostenere un film, e non si sa mai chi legge, ma non aveva dato corso. Matteo sa fare tante cose ma non credo sia così interessato al cinema di finzione. Sapevo che aveva cominciato a fare l’operatore, per lo più a Milano, anche a buoni livelli, poi, visto che si è sposato ed ha cominciato a prolificare è rientrato a Genova, anzi, a Pieve e si muove quando lo chiamano. Ha lavorato a stretto contatto con ipotesi cinema di Olmi, che gli ha passato, mi dice, alcuni lavori verso i quali il maestro non ha più grande interesse. Così gira qualche prodotto museale, artistico, ma continua a gravitare attorno alla sede di Bologna della cineteca dove ha sede da tempo la gloriosa struttura di Olmi e gli plana addosso un progetto tipico da cinema sociale: documentare l’attività di una scuola professionale la nota (a Bologna) Aldini Valeriani, che ha una sezione dedicata all’inserimento dei ragazzi stranieri di origine ma bolognesi di fatto. Sono adolescenti con una bella dose di problemi addosso e soprattutto davanti. Un fronte di guerra in cui i docenti tentano di svuotare il mare con il cucchiaino coinvolti in un’attività che non si sa se più eroica o inutile, visto che da tempo ci siamo levati l’illusione positivista o progressista che l’educazione e la scuola vincano le tare della società e della classe.
Però qui, Matteo incrocia un tipetto, un ragazzo che deve spendere una sospensione, non si sa per cosa ,né Matteo ce lo dice, compiendo come ci capita di sentire spesso nelle cronache americane, il lavoro sociale all’interno dell’istituto stesso. Pulire il giardino, assistere alle lezioni di altri, o impegnarsi in improbabili laboratori di falegnameria o di meccanica che diventano, assieme ad un socio grande, grosso e tosto, Daniele, occasioni di ulteriore ribellione o di una pretesa affermazione di sé.
Il ragazzino, ha diciassette anni e ne dimostra dodici, è piccolo, sveglio ma per le sue dimensioni è spesso in balia degli altri. Non ha, e come potrebbe? Alcun interesse per quello che gli viene prospettato. Osserva e sembra giudicare, cerca qualcosa che manco lui sa cosa sia. Matteo lo segue sempre, lo tallona, in alcuni momenti il suo racconto sfiora il paradosso in altri la commozione, ma rimane sempre leggero, privo di alcuna retorica, come ho detto all’inizio è l’autore. Un tipo serio.
In un breve passaggio Nid parla del suo paese d’origine, pieno di gente, Tarouddant, vicino ad Agadir, e lì mi drizzo su, la mia vita si incrocia con quella di Nid e quella di Matteo. Ci sono stato tre, quattro anni fa nella splendida città murata di Tarouddant a poche decine di chilometri dall’Atlante più aspro, e portavo in un improbabile viaggio di formazione un gruppo di studenti per lo più romani: una armata Brancaleone, di ragazzi annoiati e impermeabili alle bellezze ed al mondo che avevano davanti. Attaccati al telefonino ed alle loro corbellerie, estranei alla festa, come Nir e Daniele, ma a differenza di questi due senza manco saperlo.
Dopo Bologna La sospensione farà un bel giro di festival e raccatterà altri premi. Lo vedrete in pochi ma esiste e per il momento mi consolo di ciò.

(di Giovanni Robbiano)

Postato in Forza Italia, Numero 93.

I commenti sono chiusi.