Vallanzasca: il cinema italiano possibile

VallanzascaSiamo un paese curioso. Restio a voler ragionare di cinema soprattutto quando il cinema s’interroga sul nostro passato recente. Se poi di passato si deve proprio trattare, allora che sia un passato che possa essere apologetico del presente. Guai a insinuare dubbi. Guai a voler essere critici. Ne sa qualcosa Mario Martone.

E ne sa qualcosa Michele Placido che con Vallanzasca – Gli angeli del Male firma un potente noir che ricorda il miglior cinema di Carlo Lizzani, Florestano Vancini e Giuliano Montaldo e invece è accusato di tessere le lodi di un criminale. Lui, da ex poliziotto. Placido, che funziona al meglio quando permette alla sua verve affabulatoria di prendere il sopravvento sulla polemica e l’ostentazione poetica, ci riporta a un tipo di cinema italiano, schiettamente industriale, e tremendamente efficace, di cui purtroppo, nell’era della commedia corale dominante, s’è perso il calco. Bisogna avere respirato l’aria delle sale di cinema d’una volta, per comprendere la passione che Placido ha insufflato nelle sue inquadrature, nei veloci raccordi di montaggio, nella flagrante carnalità dei suoi criminali. Per godere del piacere di un racconto feroce che è un efficacissimo trattato morale. Ecco: se proprio dovessimo indicare un modello di cinema nazionale a largo consumo non avremmo dubbi. Il modello non potrebbe essere che Vallanzasca – Gli angeli del Male, il miglior film di Michele Placido dai tempi di Del perduto amore. Premesso inoltre che Kim Rossi Stuart è l’attore italiano più criminalmente sottovalutato del cinema italiano, ci chiediamo cosa sarebbe il cinema statunitense senza il suo esercito sanguinario di criminali, mostri e assassini seriali. Per difendere la propria idiozia censoria, si tirano in gioco per la giacca i familiari delle vittime di Vallanzasca, gli unici che hanno tutto il diritto di dire ciò che vogliono. Che hanno il diritto di non perdonare, senza che si scateni la guerra delle appropriazioni indebite. E i francesi, allora, che proprio di recente con Richet hanno rivissuto le imprese di Jacques Mesrine? Il cinema è una ragazza e una pistola (o un bacio e una pistola). Le pistole sparano verso lo schermo. La grande rapina al treno. Il cinema è nato per glorificare il crimine o il cinema è già un crimine? Vallanzasca – Gli angeli del Male è un film italiano di rara potenza che mette a tacere anche le speciose distinzioni fra cinema di genere e cinema d’autore. Purtroppo Vallanzasca non è solo Vallanzasca. È la cattiva coscienza di un intero paese e di riflesso di una gestione del paese stesso. Se ci fate caso Placido (e Rossi-Stuart) con il loro film sul bandito della Comasina volgono al presente le contraddizioni di ieri che sono tutt’altro che risolte. E lo fanno senza comizi o polemiche. Ma con la sola forza del cinema. Ed è questo che non si perdona loro. Ed è per questo motivo che si grida allo scandalo. Perché, in fondo, il paese è ancora “cosa loro”, mentre il cinema ce lo restituisce un pochino (proprio come ha fatto Mario Martone con Noi credevamo). È questo lo scandalo. Spezzare il monopolio del racconto e dell’immagine. Il cinema, invece, fa diventare l’Italia anche un po’… “cosa nostra”.

(di Giona A. Nazzaro)

Postato in Fight Club, Numero 92, Recensioni.

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