Su un cargo con De André


Il colore del ventoA novembre è stato presentato al festival di Roma, nei prossimi mesi arriverà anche in Liguria. E’ Il colore del vento, il film che Bruno Bigoni ha realizzato imbarcandosi su una nave mercantile e attraversando poi il Mediterraneo da una sponda all’altra, per incontrare popoli e culture diverse che vi si affacciano. Da nord a sud, da est a ovest: sempre ispirandosi a Creuza de mà di Fabrizio De André, nel tentativo di rileggere e riaggiornare quel disco rivoluzionario a venticinque anni dalla sua uscita.

«Ho navigato su un cargo ripercorrendo le tappe del marinaio genovese cantato da De André» spiega il regista. «E siccome si tratta di un viaggio che non si compie solo nello spazio, ma anche nel tempo, l’ho rifatto in tutte e due le direzioni: da una parte attualizzandolo, cercando cioè di vedere e di testimoniare quanto succede oggi, ma dall’altra parte tenendo anche conto del passato, nel tentativo di guardare sia avanti che indietro». E così snocciola città e popoli di questo percorso. A cominciare da Barcellona, vista innanzitutto come luogo di memoria, con la novantacinquenne Conxa Perez, ultima sopravvissuta delle “mujer libres” anarchiche che seppero opporsi al franchismo. Poi c’è Tangeri, ex-città internazionale, oggi luogo di illusioni per milioni di africani che vi si affollano nella speranza di raggiungere l’Europa. Quindi la tunisina Sousse, «dove la cantante Mouna Amari e il musicista Mauro Pagani cantano Sidun in una bellissima versione inedita, e con la commistione delle loro sonorità musicali ci ricordano che il Mediterraneo è un mare che dovrebbe unire anziché separare. E Sidone è un luogo che ricorda anche il passato, un passato magari più recente come i massacri di Sabra e Chatyla del 1982».

Quindi ci sono le altre tappe, con le loro testimonianze drammatiche di dolori e umiliazioni: Dubrovnik, Bari, Lampedusa («dove abbiamo girato nel 2009, in piena emergenza immigrazione»)… E naturalmente c’è Genova, il punto d’approdo. «A Genova mi interessava parlare soprattutto delle prostitute africane del centro storico, perché quella è la Via del Campo di De André come la si incontra adesso, con le prostitute che sono in gran parte nigeriane o dell’Est europeo. Abbiamo girato molto nella zona della Maddalena, e la cosa che mi ha colpito è come in quei vicoli la città non si senta minacciata, ma in qualche modo conviva con la presenza delle prostitute, cosa impensabile ad esempio per una città come Milano da cui provengo».

Bigoni è un appassionato e un esperto di De André, cui una decina d’anni fa ha già dedicato un bel documentario, Faber, realizzato insieme a Francesco Giuffrida. Ma tiene molto a precisare che Il colore del vento non è un film “su” De André, bensì un film “da” De André: che prende cioè spunto dalla sua poetica per compiere un nuovo percorso nel Mideterraneo di oggi.

Postato in Liguria d'essai, Liguria location, Numero 91.

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